Seguendo l’esempio di Reena Spaulings (New York, 2005), Jean-Michel, la coppia di artisti formata da Sophie Varin (Saint-Doulchard, Francia, 1993) e Antoine Carbonne (Parigi, Francia, 1987), rappresenta allo stesso tempo la mano, l’artista e il personaggio. Fin dall’inizio sotto questo “pseudonimo” si cela l’arte di Sophie e Antoine.
Oggi Jean-Michel si fa sempre più valere ponendosi allo stesso tempo come attore e protagonista delle proprie opere d’arte. Non un “finto pittore” ma solo un vero e proprio personaggio di finzione.
Il duo concettualizza il proprio progetto attraverso storie narrate e modellate come avventure non lineari. Le loro storie hanno la specificità di non essere legate in serie come episodi ma restano indipendenti l’una dall’altra.
Per Jean-Michel ogni immagine appare come un’illustrazione di una storia immaginaria, un singolo frame di uno storyboard o di un elemento decorativo del set. Per rendere le loro mostre più vivaci e per dare maggiore materialità alla narrazione, completano le loro composizioni con un elemento dall’aspetto immersivo, creando un contesto concepito come continuità alla storia narrata.
In occasione della personale italiana, Jean-Michel propone un viaggio – connesso all’infanzia o all’adolescenza – frenetico, contemplativo e nostalgico nel mondo delle corse automobilistiche protagoniste dei videogiochi più popolari della fine degli anni Ottanta e della prima metà degli anni Novanta. Con la celebre scritta Out Run come sfondo, Sophie e Antoine ci fanno viaggiare lungo un percorso su strada ispirato ai paesaggi italiani e sud europei, e alle composizioni geometriche delle sequenze pixellate dell’epoca d’oro del retrogaming.
Invitano lo spettatore a immergersi in paesaggi sintetici che rimandano ai videogiochi e dialogano con la storia dell’arte: come gli impressionisti e i fauvisti, semplificano il loro linguaggio e usano il colore come elemento di percezione rimandando anche ai limiti tecnici artistici dell’epoca e alla mancanza di spazio sul tavolo da gioco per le cartucce dei videogiochi.
Il personaggio, l’attore principale, diventa un avatar in prima persona. Trasmette emozioni, ci invita a seguirlo in un itinerario e a percorrere la mappa di un universo di fantasia.
Vivere a ritmo frenetico o fermarsi con tranquillità ad ammirare il paesaggio: è sotto questo aspetto contrastante, oscillante tra velocità e contemplazione, che Sophie e Antoine ci portano a bordo della loro Testarossa.
Attraverso una dimensione in-situ, si riappropriano degli spazi S2 delle Gallerie Solito creando un progetto che asseconda l’architettura dello spazio espositivo e la narrazione creata appositamente per la mostra. Una linea d’orizzonte fittizia e un paesaggio meditativo in cui le immagini si inseriscono come screenshot stampati.
Premi Start: Vroom Vroom, Skreeek, Player 1, Settings, Select… Il viaggio può iniziare. (VVB)
Out Run può significare andare più veloce di chi prova a inseguirci. Ci fa pensare alla fuga, a voler scappare da qualcosa o anche da sé stessi. Jean-Michel è un personaggio avventuroso ma che a volte può anche essere indeciso, è spericolato e libero ma non ama il confronto. Cercando di correre più veloce di chissà chi, facendo un passo più lungo della gamba, Jean-Michel è molto felice quando resta con il naso all’insù e i capelli al vento, ascoltando la sua playlist preferita mentre il sole tramonta lungo la strada. Eppure, c’è una certa malinconia in questi momenti di relax. Lo spettatore può godersi il viaggio di Jean-Michel e i paesaggi che attraversa; si immedesima nel personaggio attraverso dipinti dalla visuale in-prima-persona. Tuttavia lo scopo di questo viaggio non è chiaro, con l’orizzonte come traguardo ricorrente. Out Run si concentra di più su un viaggio senza meta che sul raggiungimento di una destinazione finale.
L’arte ispirata ai videogame, come quella di Michel Majerus o Albert Oehlen, è spesso un’ode al digitale e al gioco. Jean-Michel cerca di tornare all’analogico, tralasciando la parte digitale ma conservando l’aspetto ludico. Alla domanda “pensi che la vita sia una sorta di videogioco?”, Jean-Michel risponde di sì. È un capriccio.
Sembra che ci sia una vita propria all’interno del gioco, ma nulla si attiva veramente finché non si interagisce, come personaggio, con qualcosa. Tutto è disponibile. Ogni videogioco offline è un’ode all’individualità e Out Run è l’archetipo di questo tipo di videogame. Si vedono rocce, ostacoli e altre auto, ma in realtà la mappa è un labirinto in cui è necessario conoscere ogni curva per andare avanti nell’avventura. Più si va avanti e più si incontrano paesaggi: partendo da Venice Beach, si attraversa un tempio Maya, fino ad arrivare alla savana africana. Le immagini dei paesaggi sono solo una distrazione. Per quanto vogliate goderveli, dovete concentrarvi sulla strada.
Con Out Run Jean-Michel ha voluto riproporre questi riferimenti e questo stato d’animo, rendendoli però autonomi dal gioco originale e legandoli a una storia più classica della pittura, e in particolare alla ricerca tipica del pittore solitario. Al di là del videogame, Out Run è una reminiscenza di un tempo in cui la vita era più lineare e, pur essendoci meno bivi e punti di svolta, non era più semplice. (J-M)
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Seguendo l’esempio di Reena Spaulings (New York, 2005), Jean-Michel, la coppia di artisti formata da Sophie Varin (Saint-Doulchard, Francia, 1993) e Antoine Carbonne (Parigi, Francia, 1987), rappresenta allo stesso tempo la mano, l’artista e il personaggio. Fin dall’inizio sotto questo “pseudonimo” si cela l’arte di Sophie e Antoine.
Oggi Jean-Michel si fa sempre più valere ponendosi allo stesso tempo come attore e protagonista delle proprie opere d’arte. Non un “finto pittore” ma solo un vero e proprio personaggio di finzione.
Il duo concettualizza il proprio progetto attraverso storie narrate e modellate come avventure non lineari. Le loro storie hanno la specificità di non essere legate in serie come episodi ma restano indipendenti l’una dall’altra.
Per Jean-Michel ogni immagine appare come un’illustrazione di una storia immaginaria, un singolo frame di uno storyboard o di un elemento decorativo del set. Per rendere le loro mostre più vivaci e per dare maggiore materialità alla...
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